"Madonna del Magnificat", Botticelli
"Madonna del Magnificat", Botticelli

ET SANCTUM NOMEN EJUS

L'ispirazione mariana nella polifonia a voci pari

 

l titolo per questo programma è tratto non a caso dal canto del Magnificat.

Nella sua connotazione testuale, il repertorio qui proposto richiama non solo inni e antifone prettamente mariani, ma ricorda momenti liturgici

strettamente legati alla vita di Cristo e della Chiesa: gli stessi indicati da Maria, donna consapevole della potenza del Cielo, nel suo canto di lode (esaltazione della grandezza divina, nuova prospettiva futura, realizzazione di quanto promesso dai profeti).

La prima parte del programma risulta dunque un grande preludio alla stilizzazione della struttura della Messa: un preludio che coinvolge Maria come punto di partenza, ispirazione e guida verso quel Figlio che è centro della liturgia cristiana.

Così era per i fedeli pellegrini verso il Santuario di Montserrat, vicino a Barcellona, che accompagnavano il cammino con danze e canti di processione,

raccolti nel noto Llibre Vermell da cui è tratto O virgo splendens; così suggerisce Ave gloriosa, anch’esso di passo processionale e di antico sapore tardomedievale.

Alla grazia divina che deve giungere inneggia il testo del mottetto a 4 voci pari Duo Seraphim di De Victoria, dal libro di Isaia: si avanza musicalmente verso la fine del Cinquecento ma si resta nel segno contrappuntistico austero della scuola di Roma dipinto dei colori pastosi di Spagna. Le voci pari femminili in questo caso riportano facilmente a quell’importante periodo di vita (dal 1583 sostanzialmente fino alla morte) che De Victoria trascorse nel convento de las Descalzas de Santa Clara a Madrid, quale cappellano di Maria d’Asburgo, lì ritiratasi nel 1581, dove scriveva per le stesse monache e dove la nobiltà cittadina si recava a sentire le musiche a voci femminili (e strumenti, quando scritte a voci dispari) del grande maestro di Avila. Nell’ispirazione alla scuola romana è immersa anche la scrittura di Bartolucci, la cui antifona Salve Regina in polifonia a voci femminili (di gusto e scrittura raffinati), alternata alla monodia solenne gregoriana, chiude questo preludio alla parte otto e novecentesca del programma e

alla struttura di una liturgia eucaristica.

L’intensa polifonia di Brahms richiama subito il centro sacrificale della Messa cristiana nel testo Adoramus te, Christe: Brahms unisce contrappunto, descrizione del testo, movimento ritmico, intensa ed eloquente armonia nell’intenzione di rendere la tensione del testo e del momento cui si riferisce.

L’invocazione finale del brano ben introduce alla più recente scrittura di Caplet nel Kyrie e nel Sanctus, il quale sfrutta le distanze tra le voci per creare colori ineffabili e, aderendo alla sensibilità impressionista francese di primo Novecento, punta gli strumenti della scrittura a rendere sempre più eteree e visionarie le armonie di polifonia femminile. Apre la parte più strettamente eucaristica della liturgia l’inno Ave verum corpus, previsto in elevatione corporis Christi. Poulenc non nasconde la vicenda del Cristo che sta alla base di questo testo, anzi ne asseconda e palesa la tensione senza però giungere al dramma; l’uso della modalità suscita ricordi di gusto rinascimentale, ma è in realtà inserita in un contesto modernissimo che sa esprimere l’attualità nel pieno rispetto del senso sacro e liturgico del genere. Il sereno e denso O bone Jesu di Brahms riporta alla speranza che caratterizza il fine della cristianità cattolica e, insieme al Regina caeli che chiude questa ‘Messa cantata’, anche al gusto ottocentesco per una certa pienezza e densità di suono, che pur non tralascia l’idea di un’armonia che proviene dalla sovrapposizione contrappuntistica delle linee vocali.

Il richiamo al presente, infine, è fatto attraverso il Salve Regina di Kocsàr, compositore ungherese del 1933: l’antifona che aveva concluso la prima parte del programma conclude anche la seconda, ma questa volta ispirata alla versione monodica più popolare e nota. La musica è ancora all’insegna dell’etereo, dell’incorporeità celeste, e come nella figura di una donna si è sostanziata la salvezza cristiana, ancora in un tratto femminile, la voce acuta, votata alle altezze della scala dei suoni, si riscontra il mezzo umano più adeguato per esprimere la consapevolezza del Cielo.

(Giuditta Comerci)